Si, lo so. Il titolo qui sopra è un po’ ingombrante. La miglior serie di Netflix è forse un appellativo un po’ altisonante, però è anche vero che al cuor non si comanda e che l’amore è cieco e via discorrendo. Tutto per dire che sì, tu sei totalmente innamorato del cavallo più depresso della televisione. E sì, c’è anche quell’altra serie che parla di bambini, cose strane e mostri di altre dimensioni che è un sacco bella. Ma di Rick and Morty ne parliamo una volta che hai finito di guardare la terza stagione. Sigla!
Partiamo dalle basi, Bojack Horseman non è un solo un cartone. O meglio non è il solito cartone per adulti che vuole imitare i Griffin, che imitavano South Park che imitano i Simpson. Non è che che Bojack non sia al loro livello, ma più che altro gioca proprio in un altro campionato. Bojack è una cosa seria. Ovviamente nei limiti di serietà che può avere una storia ambientata in un mondo popolato da uomini e animali antropomorfi, che si comportano da animali.

E’ questo dualismo, questa incredibile capacità di stare in equilibri tra serio e serioso, tra risata e riflessione, che ti ha fatto fare gli occhietti a cuoricino per tutte e 4 le stagioni di Bojack Horseman. Perché il fulcro di tutto è ovviamente lui, l’ex stella della tv che però non è riuscito a cavalcare l’onda del successo e ora si trova a spendere le sue giornate tra depressione e voglia di riscatto. Perché Bojack, oltre che un cavallo, è un personaggio totalmente sbagliato. Uno stronzo, irascibile , egocentrico, con tendenze suicide e una pesante dipendenza da alcol e droga. Insomma non un cavallo qualunque. O almeno non il cavallo che vorresti come amico. O forse sì, perchè la verità è che non puoi fare a meno di finire per volergli bene, per perdonarlo sempre. Perché Bojack sarà anche un personaggio che tra le scelte sbagliate, sceglie la peggiore, che distrugge tutto quel poco di buono che riesce a mettere in piedi, ma resta pur sempre un personaggio sincero. Appunto vero. E sì, è un cavallo che parla.

E poi oltre a Bojack, c’è tutto il mondo di Bojack. E questo mondo è composto da personaggi secondari, dove secondari è solo un modo per dire che non compaiono nel titolo della serie. Infatti l’altra cosa che adori è lo spessore che raggiungono i comprimari man mano che si susseguono le puntate. Prendi ad esempio un personaggio come Mr. Peanutbutter, la cui utilità nelle prime puntate è quella di controparte (quasi antagonista moralmente buono) di Bojack, che raggiunge nelle ultime stagioni dei picchi di profondità che non ti saresti mai aspettato da un labrador giallo con la lingua a penzoloni.

Si può etichettare facilmente Bojack Horseman come una serie provocatoria e irriverente che prende in giro il mondo di Hollywoo(d), e lo fa certamente (basta chiederlo a Andrew Garfield), ma c’è molto, molto di più dietro questa prima impressione, perchè il viaggio di Bojack sempre in bilico tra autodistruzione e redenzione è veramente qualcosa di narrativamente profondo. E sì, stai parlando di un cartone animato ambientato in un mondo popolato da essere umani e animali parlanti dove un episodio è ambientato interamente sott’acqua senza praticamente un dialogo.

Quindi sappiate che se avete un maledettissimo abbonamento di Netflix e lo state usando solo per guardare lo speciale di Stranger Things 2, sappiate che lo state usando male. Anzi malissimo. Bojack Horseman è un capolavoro, senza mezzi termini. E se non siete d’accordo non importa. Ha ragione Bojack. Sempre.