Hai sconfitto il mostro. Cioè non è che hai infilato le mani nelle interiora di un ragno gigantesco per strappargli il cuore, ma hai comunque affrontato le 1300 e passa pagine di IT.
C’avevi provato già molto tempo fa, forse anche più di una volta, ma a vincere era stato lui. Perché IT è effettivamente lungo, prolisso e a tratti snervante. Ma proprio questa è la forza bestiale di questa opera mastodontica. Perché alla fine ti senti come di averci vissuto a Derry nel Maine. Conosci la città, le sue vie e i suoi abitanti. Li conosci così bene che quasi li potresti salutare per strada. E così fraternizzi con i protagonisti. Ridi con loro. Soffri con loro. Ma soprattutto cresci con loro. Anche se definire questo solo un romanzo di formazione sarebbe riduttivo. Quasi offensivo.
IT è un’esperienza. Un racconto spaventoso nella sua metafora della vita, nel modo che ha di raccontarti le paure (qualunque esse siano), la loro elaborazione e il lutto. Un’universo narrativo a suo modo coerente e solido. Che non lascia spazio a interpretazioni su cosa sia IT, da dove venga e cosa voglia. Un viaggio che ha un’inizio e una fine che non delude, come spesso ti è accaduto invece con molti racconti di Stephen King.
Sei contento di averlo letto adesso, con l’età che hai, perchè credi di averlo apprezzato a pieno. Totalmente.
Ad oggi, per te, il miglior King. Potente e completo. Impossibile da trasportare in un film (o due) nella sua totalità. Il massimo che si può fare al cinema è dare una propria visione di IT, ma sarà sempre e solo un punto di vista sulla paura. Cioè l’essenza stessa di Pennywise.
“Perché alla fine ti senti come di averci vissuto a Derry nel Maine.”
Hai detto tutto qua, 👍
"Mi piace"Piace a 1 persona